Mons. Carlo Maria Viganò
In illo uno unum
Omelia nella Domenica della Santissima Trinità
Gratias tibi, Deus, gratias tibi,
vera et una Trinitas, una et summa Deitas,
sancta et una Unitas.
Ant. ad Magn.
La Santa Chiesa celebra oggi, con particolare solennità, uno dei principali Misteri della Fede Cattolica: la Santissima Trinità, l’unico vero Dio in tre Persone uguali e distinte, Padre, Figlio e Spirito Santo. Il Mistero – nell’accezione greca del termine μυστήριον – è ciò che la mente umana non riesce a conoscere se non mediante una Rivelazione divina. Nell’accogliere questa Rivelazione l’uomo accetta con umiltà il proprio stato di creatura bisognosa di un aiuto soprannaturale e gratuito, che vada al di là della razionale conoscenza di un unico Dio che premia i giusti e punisce i malvagi. Ogni persona porta infatti in sé quell’impronta del Creatore che gli mostra i principi morali della Legge naturale; mentre la conoscenza dei divini Misteri quali appunto la Santissima Trinità e l’Incarnazione è possibile solo grazie alla Fede in ciò che l’autorità del Dio rivelante ci propone a credere mediante il Magistero della Chiesa.
Questa visione implica due verità. La prima, che all’uomo corrotto dal peccato originale è teoricamente possibile salvarsi – laddove egli ignori totalmente il Vangelo – anche solo comportandosi rettamente e seguendo il lume della retta ragione. La seconda, che solo nell’unica vera Chiesa di Cristo, Cattolica Apostolica Romana, unica custode della Rivelazione divina e depositaria dei mezzi della Grazia santificante, l’uomo peccatore, purificato dal Battesimo, ha gli strumenti ordinari che gli permettono di fatto di salvarsi, professando la Fede Cattolica che Nostro Signore ha insegnato agli Apostoli e che la Santa Chiesa ci propone infallibilmente a credere.
Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me, ha detto il Signore (Gv 14, 6). Se crediamo che Gesù Cristo è Figlio unigenito del Padre, che Si è incarnato per noi uomini e per la nostra salvezza, che ha patito ed è morto per noi, che è risorto e che siede alla destra del Padre; e se conformiamo la nostra condotta di vita alla Sua santa Legge e a ciò che Nostro Signore ci ha comandato, saremo salvi. E per credere questo, dobbiamo anche credere nella Santissima Trinità, che Egli ci ha fatto conoscere e di cui portiamo, in quanto Sue creature, l’impronta indelebile. È infatti la dimensione trinitaria della nostra natura umana che ci rende veramente ad immagine e somiglianza di Dio, del Dio Uno e Trino. Le nostre facoltà rimandano ai divini attributi: alla memoria del Padre, all’intelletto del Figlio, alla volontà dello Spirito Santo.
Chi crede che il Mistero della Santissima Trinità sia materia da teologi e che l’uomo comune possa ignorarlo compie un imperdonabile errore, anzitutto perché mette in discussione quella mirabile pedagogia che il Signore ha voluto adottare con noi, rendendoci partecipi non solo della conoscenza delle Tre divine Persone, ma anche della loro natura divina, nel momento in cui con la Sua Incarnazione Nostro Signore ha assunto la natura umana. Una bellissima preghiera dell’Offertorio, composta da San Leone Magno, recita:
Deus, qui humanæ substantiæ dignitatem mirabiliter condidisti et mirabilius reformasti, da, per hujus aquæ et vini mysterium, ejus divinitatis esse consortes, qui humanitatis nostræ fieri dignatus est particeps, Jesus Christus, Filius tuus, Dominus noster.
O Dio, che in modo meraviglioso hai creato la nobile natura dell’uomo e ancor più meravigliosamente l’hai riformata, concedi, mediante il mistero di quest’acqua e questo vino, di essere consorti della divinità di Colui, che si è degnato di farSi partecipe della nostra umanità, Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore.
Se non professiamo la nostra fede nella Santissima Trinità, non possiamo comprendere la ragione che rende la nostra Religione Cattolica unica e veramente divina, non solo credibile, ma da credersi (credenda): il miracolo inaudito dell’Incarnazione del Figlio Unigenito del Padre, con la cooperazione dello Spirito Santo, per redimerci e strapparci alla morte eterna che per nostra colpa abbiamo meritato in Adamo. Ed è sempre trinitaria la nostra vita: al Padre dobbiamo la nostra creazione, al Figlio la nostra redenzione, allo Spirito Santo la nostra santificazione.
Questo ci porta ad una visione teocentrica – anzi, più propriamente cristocentrica – del κόσμος divino, dell’ordine di tutte le cose, che trovano il proprio principio e il proprio fine in Cristo, secondo le parole dell’Apostolo: Instaurare omnia in Christo (Ef 1, 10). Perché è in virtù dell’unione ipostatica che l’Uomo-Dio, nuovo Adamo, restaura quell’ordine che Adamo aveva violato. Un ordine divino che si fonda su Dio Verità e Carità, portando anche noi a credere e ad amare, veritatem facientes in caritate (Ef 4, 15).
Ma chi si oppone, cari fratelli, a questa visione ordinata e perfettissima, che riflette le perfezioni della Santissima Trinità, se non colui che è mentitore e omicida sin dal principio (Gv 8, 44)? Satana non è capace di amore, ma solo di odio; non crea nulla, sa solo distruggere; e il suo odio non è rivolto solo a Dio, ma anche a noi uomini, perché il Verbo eterno del Padre ha scelto di farsi carne, di diventare uomo. Se dunque la nostra salvezza dipende dal credere nella Santissima Trinità e nell’Incarnazione, è ovvio che Satana faccia di tutto per adulterare la purezza della Fede e cercare di vanificare così l’opera della Redenzione. Perché chi crederà sarà salvo; e chi non crederà sarà condannato (Mc 16, 16). L’invidia del Diavolo per il nostro destino soprannaturale, che nel suo orgoglio gli è stato negato, lo porta a scatenarsi proprio nel farci credere che possiamo salvarci senza credere nella Santissima Trinità e nell’Incarnazione.
Lo scorso 13 settembre, in occasione di un viaggio a Singapore, Jorge Bergoglio aveva affermato che tutte le religioni sono un cammino per arrivare a Dio. Sono – faccio un paragone – come diverse lingue, diversi idiomi, per arrivare lì. Ma Dio è Dio per tutti. E poiché Dio è Dio per tutti, noi siamo tutti figli di Dio. ‘Ma il mio Dio è più importante del tuo!’. È vero questo? C’è un solo Dio, e noi, le nostre religioni sono lingue, cammini per arrivare a Dio. Qualcuno sikh, qualcuno musulmano, qualcuno indù, qualcuno cristiano, ma sono diversi cammini. Understood?
Queste parole blasfeme ci fanno inorridire per la loro intrinseca matrice satanica. Esse sovvertono la realtà oggettiva, relativizzandola e adattandola a come essa è percepita dal singolo. I Modernisti dell’Ottocento attribuivano la molteplicità delle dottrine al “bisogno del sacro” nell’uomo, e questa esigenza immanente si tradusse prima nell’ecumenismo verso gli acattolici, per poi allargarsi alle false religioni e alle superstizioni idolatriche, e infine confluire nel panteismo, nel Cristo cosmico di Teilhard de Chardin, nella Pachamama. La Rivelazione cristiana, per i Modernisti, non consiste nell’azione del Dio vivo e vero che Si fa conoscere e Si rivela nei Suoi Misteri all’uomo, Sua creatura, ma nella proiezione di un immanente “sentimento religioso”, in una chimera creata dall’uomo – un idolo, letteralmente – e quindi dipendente dalla sua cultura, dall’ambiente in cui è nato, dai condizionamenti esterni, dalla società. Nella visione cattolica, l’uomo creatura si inchina alla Maestà divina del Creatore che Si manifesta e Si rivela; nel delirio modernista, Dio è una creatura dell’uomo, che in ragione della sua infinita dignità è libero di scegliersi gli dèi da annettere al proprio pantheon. E cos’è questo, se non l’applicazione dell’idealismo hegeliano in ambito teologico, secondo cui la realtà è il prodotto della ragione o dello spirito? È su questa base filosofica che si fonda l’intero edificio ereticale dell’ecumenismo del Vaticano II, riassunto dalla visione sincretista della Casa della Famiglia Abramitica di Abu Dhabi.
Una tale visione antropocentrica e immanentista della religione è ovviamente in aperta contraddizione con il Credo cattolico, che si fonda invece sull’azione rivelatrice della Santissima Trinità mediante l’Incarnazione di Nostro Signore Gesù Cristo, con la cooperazione dello Spirito Santo. La nostra santa Religione non è il frutto di cervellotiche speculazioni, né la proiezione di un “bisogno del sacro” cui l’uomo dà una risposta parziale e incompleta, «qualcuno sikh, qualcuno musulmano, qualcuno indù, qualcuno cristiano». Essa è invece l’insieme delle dottrine e dei precetti che Gesù Cristo – vero Dio e vero Uomo – ha insegnato agli Apostoli e comandato loro di trasmettere intatto a tutti gli uomini, perché possano salvarsi dalla dannazione eterna che hanno meritato peccando in Adamo.
La società moderna, impregnata di relativismo, è vittima di un grande, diabolico inganno. Essa non crede che esista una verità oggettiva, ma che ciascuno possa crearsi una propria realtà virtuale, che è vera e falsa allo stesso tempo. Che Dio sia trino o meno; che la Seconda Persona della Santissima Trinità Si sia incarnata o meno non è dunque importante, perché per i Neomodernisti il fine della religione non è conoscere, adorare, amare e servire Dio e meritare la beatitudine eterna, bensì avere un comune e quanto più possibile generico concetto del divino che serva la causa della fraternità universale, senza alcuna prospettiva ultraterrena. È proprio questo che fa la Rivoluzione: essa muta il fine in mezzo e il mezzo in fine – ossia abbassa il Dio vivente a idolo tra i tanti, oppure erige un idolo al posto del Dio vivente. Ossia, negare la Verità per affermare ogni errore; non riconoscere il Dio Uno e Trino, per poter riconoscere tutti gli idoli. E questa è opera intrinsecamente diabolica.
Papa Leone ha scelto come proprio motto In illo uno unum, che riprende questo passo di Sant’Agostino tratto dalla Esposizione del Salmo 127:
Voi dunque siete molti e siete uno; noi siamo molti e siamo uno. In che modo, pur essendo molti, siamo uno? Perché ci teniamo strettamente uniti a Colui del Quale siamo membra, e se il nostro Capo è in cielo lassù Lo seguiranno anche le membra.
Il Salmo 127 inizia con queste parole: Beati omnes qui timent Dominum, qui ambulant in viis ejus. Beati coloro che temono il Signore, che camminano nelle Sue vie. È in relazione a queste parole del Salmista che dobbiamo leggere e comprendere il commento del Santo Vescovo di Ippona. Non nel perseverare sulla via di quel falso ecumenismo irenista che tace la Verità per compiacere lo spirito del mondo, ma nel ritornare al principio unico, ontologico della realtà trascendente e indefettibile del Dio Uno e Trino, tenendoci strettamente uniti a Colui del quale siamo membra, l’Uomo-Dio, il Verbo fatto carne, senza il Quale è impossibile venire al Padre. Possa essere questo non un mero auspicio, ma la fiduciosa speranza di veder finalmente ricapitolate tutte le cose in Cristo, resa gloria alla Santissima Trinità, onore alla Santa Chiesa e al Papato, salvezza alle anime che il divino Pastore ha affidato al Suo Vicario in terra. E così sia.
+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo
15 Giugno MMXXV
Dominica I post Pentecosten, in festo Ss.mæ Trinitatis
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